Ci sono momenti in cui sei spinto dall’irrefrenabile voglia di acquisti. Quella banconota che ti è rimasta nella cassetta dei risparmi, lì, sola soletta che non vede l’ora di essere lanciata sulla prima cosa anche solo vagamente smart, roba di cui solitamente non te ne fai nulla, ma che “fa figo avere“.
La moda dei tablet Android
Vi ricordate quando andavano di moda i tablet Android? Non quelli con Honeycomb che forse in pochi si ricorderanno. Ancora esistevano gli smartphone da 4 pollici di schermo, quando oltre i 5,5″ avevi un phablet, giravi con una piastrella che andava su internet all’orecchio. Bene, lo step successivo è il tablet, il computer da cesso per eccellenza, il passatempo delle ore di analisi all’università quando realizzi che un integrale è inutile e allora tutto diventa più bello e colorato con Fruit Ninja e Angry Birds. Se eri ricco poi ti buttavi sull’iPad e a quel punto diventavi Dio sceso in terra.
Apple contro tutti
Il mercato dei tablet Android, per via della concorrenza spietata con Apple e i suoi iPad, ha visto un percorso abbastanza in salita. Aziende molto importanti, come Samsung prima fra tutte oppure LG o Huawei più tardi, hanno sfornato comunque dei dispositivi degni di nota, dei validi sostituti del notebook (o del netbook), dei buoni compagni di viaggio anche solo per andare su internet e leggersi qualche ebook. Il loro difetto era però il costo elevato rispetto a uno smartphone, cosa che non li rendeva molto appetibili – a patto che non ci fosse stata una mela stampata sul retro, ma quello è un altro discorso (NB: non sono di parte, sono constatazioni di fatto, soprattutto se consideriamo che iPad di ogni tipo vendono ancora oggi e davvero fanno le veci di un laptop).
Arrivano i super low-cost
Proprio per questo motivo avevano iniziato a spuntare come funghi delle aziende semisconosciute che si fiondavano sul mercato con i loro tablet (prima) e smartphone (poi), vedendo nel primo caso il terreno fertile su cui fare i soldi. Hey, ci sono riusciti! Praticamente ti piazzavano una tavoletta a un prezzo irrisorio e te la vendevano spacciandola per “lo strumento ideale per godere della multimedialità” – considerando che per l’utente medio del superstore, multimedialità era ed è ancora sinonomo di Candy Crush Saga.
Il primo errore non si scorda mai
E’ giunto il momento di raccontarvi la mia esperienza, anzi, doppia esperienza (perchè errare è umano, ma perseverare è DIABOLICO). Faccio un salto al centro commerciale e, da buon fissato, mi lancio a capofitto in uno store di una nota catena di elettronica. Tra le tante figaggini che potevo trovare, il mio occhio era stato attirato dal classico cestone delle occasioni. “Wow, una fotocamera a x<150€” poi un “wow, un TomTom dimenticato dal mondo e che non vedrà mai mezzo aggiornamento a partire da ieri a 60€” seguito da “wow, un tablet di una marca che nessuno [in quel momento, ndr] conosce”: ka-tching, comprato. Davvero, non ho nemmeno guardato le specifiche, prendi e porta a casa (come i 18 agli esami). Volevo un tablet, ho beccato l’occasione, bam, soddisfatto.
Torno a casa, unboxing epocale: una tegola di 2kg spessa 1cm subito in primo piano con il suo display da 8″, caricabatterie vecchio stile, nemmeno USB e ovviamente proprietario, foglietto illustrativo, cavetto mini-USB e fine. “Ok, ci sta” ho pensato. Lo giro un po’, un jack per le cuffie, una porta mini-USB, tasto di accensione-blocco-sblocco, tasti volume. Lo accendo e noto che lo schermo era pittosto definito, il vetro fungeva praticamente da specchio, ma me lo facevo andar bene.
Si tornava nel 2010
Tralasciando la schermata di caricamento iniziale, quel tablet sprizzava Gingerbread da ogni pixel e, soprattutto, che ci faceva Gingerbread su un tablet? Ah giusto, niente domande. Apro il menu delle applicazioni e vedo che manca il Market (esatto, non il Play Store che c’è adesso), in sostituzione a uno alternativo che ispirava fiducia al di sotto di Aptoide. “Partiamo bene”. Stava laggando tutto.
Mentre stavo pensando ai pianti isterici di quella banconota lanciata sul bancone della cassa, la mia reazione era al pari di quella di Farenz con il finto iPad dalla Cina (link per il video). Leggo le specifiche: 512MB di ram, processore Rockchip. Ai tempi ero abbastanza inesperto, ma ciò bastava per farmi capire che avevo fatto un pessimo acquisto.
Ice Cream Sandwitch e il canto del cigno
All’improvviso mi venne la brillante idea di controllare nelle impostazioni se ci fosse qualche possibilità di aggiornamento. A parte l’aver trovato due voci che facevano riferimento a un OTA (Over The Air), decido di andare su quella più affidabile. Niente, quel tablet era destinato a rimanere con Gingerbr… ah no, tap sull’alternativa: devo caricare il firmware manualmente. Sito ufficiale, pagina di supporto e download, Android 4.0.4 Ice Cream Sandwitch. E’ inutile dire quanto fosse stata supersonica la velocità del mio click su quel link. Installo la nuova versione del sistema operativo e, sorpresa, quel dispositivo sul quale avevo risposto poche speranze iniziava a rivelarsi un ottimo compagno di avventure, fino a quando per chissà quale motivo decise che era il momento di passare a miglior vita.
Sbagliare una volta non basta
Come ho forse fatto intendere, gli errori non sono mai da soli, ma sono sempre accompagnati da uno peggiore con lo stesso valore monetario. Siccome mi ero un po’ affezionato a quel tablet, ho pensato di compiere di nuovo quello sbaglio. Stesso centro commerciale, altro “cestone degli oggetti smarr… ehm… delle occasioni”. Questa volta ho guardato le caratteristiche: Android Jellybean, 1GB di RAM, CPU “numero a caso di core e di GHz ma tanto faccio schifo lo stesso”, gli do il beneficio del dubbio e lascio un’altra banconota in affido al cassiere (che sicuramente si sarà fatto almeno 5 minuiti di risate sotto il baffo).
Arrivo a casa, unboxing experience uguale alla precedente, ma produttore diverso. Stessa forma anonima ma con un incavo sulla parte inferiore del frontale, leggermente più sottile e con in più una porta micro-HDMI. “Ma stiamo scherzando?” stavo dicendo alla mia coscienza. Sposto gli occhi più in la e spunta una USB-A (per intenderci, la porta usb standard che trovate sui PC): “ma stiamo davvero scherzando?” – la mia coscienza ha smesso di prendermi sul serio da un po’.
Mal di testa
Accensione, shock luminoso. Impostazione iniziale, tutto gira liscio, mal di testa, nausea, passa un giorno. Avete presente quegli schermi dei cellulari di bassa lega che li inclini e scompare l’immagine? Avete il pannello di questo tablet. Aggiungete anche una risoluzione bassissima e avete il riassunto completo di come non deve essere un tablet.
Per curiosità scarico dal Google Play Store CPU-Z (un’app che permette di sapere tutte le caratteristiche hardware del dispositivo): RAM ok, processore quello che è, display. Display. Risoluzione. Densità di pixel: 152 dpi. Giuro che queste tre cifre me le ricorderò sempre, più del mio numero di telefono. Praticamente stavo rischiando di perdere la vista ogni volta che lo accendevo anche solo per guardare l’ora.
Usi alternativi di un tablet inutile
Per evitare di spendere altri soldi in visite oculistiche, provai a ridurre il tablet a consolle per il retrogaming. Mi riconosceva mouse, tastiera, gamepad della PS3, chiavette, qualsiasi cosa. Ero felice: mi si era aperto un mondo. Quel tablet è durato parecchi anni, gli si è rotto anche un angolo del vetro, ma null’altro da dire. Alla fine, non lo usavo tanto, neanche per farne l’uso da tablet. Me l’ero portato solo un paio di volte in facoltà per leggere le dispense della professoressa o per modificare i file pdf. L’avevo abbandonato subito dopo proprio per tutti i problemi che mi causava.
Inutile spreco di soldi?
Possiedo tutt’ora quei due aggeggi. Il primo è tornato a funzionare poco tempo fa, il secondo prende polvere in qualche angolo della casa. Magari sono sì stati degli sprechi di soldi, ma sono stati quegli sprechi che mi hanno fatto capire che se vuoi davvero acquistare un tablet, sopratutto oggi, è meglio puntare su prodotti affidabili di marche collaudate che sai che potranno durare nel tempo e che sarai sicuro di poter sfruttare al meglio delle loro potenzialità. Se devi puntare al risparmio giusto per soddisfare quel “giusto per averlo che non si sa mai”, meglio tenere i soldi in tasca e investirli in qualcos’altro.
Ah, avevano anche una fotocamera.
Laureato in Scienze della Comunicazione, appassionato di musica elettronica e tecnologia.